Lillian Sklias
Ero lì da quasi 5 mesi e ancora non riuscivo ad abituarmi a quell'idiozia. Camminavo per il corridoio e davanti a me i miei "colleghi" trascinavano quel corpo insanguinato, parlando tra di loro del più e del meno come nulla fosse. Una scena agghiacciante, come il resto di quell'edificio, i quali corridoi emanavano un fetore nauseante di marcio e di morte. Cercavo di nascondere ogni giorno il ribrezzo che provavo per quelle persone, il cui viscidume mi repelleva e mi rabbrividiva. Ma c'era qualcuno per il quale provavo ancora più disgusto: Frank Thompson. Quest'essere altri non era che il direttore della struttura, un orribile omuncolo basso di statura, con un sorriso da depravato stampato perennemente in faccia, sepre sudaticcio e con il naso a patata rosso vermiglio come le guance.
Ricordo ancora con dispiacere il giorno in cui fui costretta ad avvicinarlo, in un bar. Mi chiedo come gli sia potuta passare per la testa l'idea che potessi essere interessata a lui, stupido uomo. Erano mesi che tenevo d'occhio lui e i suoi dipendenti. Nessuno usciva mai da quell'edificio, tranne Franky, che ogni lunedì sera andava in città e si rintanava in un bar a bere e ubriacarsi come un porco, e due gruppi del personale. Il primo ogni settimana usciva per andare a fare con molta discrezione provviste; il secondo, quello di cui ora facevo parte, usciva per andare in giro in cerca di cavie. Avvicinai Frank una sera, fancedo finta di essere interessata alla stronzate che sparava di continuo annoiando il barista e di essere sinceramente divertita dalle sue battute, se così possono essere definite. Mi ci è voluto diverso tempo per riuscire a conquistarmi la sua fiducia, in modo tale che mi inserisse nel personale, povero idiota.
Joe aprì la porta della sala dove erano tenute rinchiuse le cavie e con l'aiuto di Spike vi gettò all'internò il corpo della donna. Entrarono nella sala e si avvicinarono ad una delle gabbie per prendere un'altra cavia. Mi disturbava vedere quella povera gente rinchiusa come bestie, perciò evitavo sempre di entrare e mi limitavo ad aspettarli dando le spalle all'uscio. Detestavo i loro commenti, tutto quello che desideravo era che almeno in quei momenti tenessero quella fottuta boccaccia chiusa. E invece no, non facevano altro che vomitare squallore.
Uscirono dalla stanza con un'altro soggetto, questa volta un uomo abbastanza corpulento.
Spike, dammi una mano, non ce la faccio a trascinarlo da solo, questo ammasso di grasso. Tu tienilo per le gambe, io per le braccia.Da' qua, sei troppo gracile, dovresti mangiare più proteine.Ah, perchè sai cosa sono le proteine? Chi l'avrebbe mai detto. Basta con le chiacchiere e sbrigatevi, non abbiamo tutta la notte. Idioti. Mi avviai lungo il corridoio superandoli. Non sono mai stata un tipo scortese, ma con loro facevo eccezione.
I due non risposero, ma, credo facendo qualche smorfia, presero in braccio il corpo e mi seguirono, finchè non arrivammo davanti a un ascensore. I laboratori dove venivano effettuati gli esperimenti si trovavano a 8 piani sotto il suolo. Per 5 mesi, le mie giornate consistevano nell'uscire la mattina con quei due imbecilli e andare in giro a catturare le vittime di quella follia fino a sera, poi una volta tornati al rifugio, se durante gli esperimenti qualcuno ci rimetteva la pelle, lo gettavamo nella stanza delle cavie fino alla mattina dopo e ne prendevamo un'altra. Per non parlare della fine che facevano poi i cadaveri. Ammucchiati e inceneriti una volta a settimana, se necessario. Perchè erano molti quelli che catturavamo e molti di più quelli che perdevano la vita.
L'ascensore ci portò fino a destinazione: l'ottavo piano. Proseguii seguita da Joe e Spike, fino ad arrivare ad un portone davanti al quale vi era una guardia armata.
Ne abbiamo un altro. Per tutta risposta la guardia aprì la porta e ci fece cenno di entrare. I miei accompagnatori entrarono, ma io preferii restare fuori. La prima volta che entrai in quel laboratorio, sapevo cosa mi aspettava, ma non avrei mai potuto immaginare che fosse così disumano. Non dormii per diverse notti e ancora oggi ricordando quelle scene, ho difficoltà a prendere sonno. Aspettai Joe e quell'altro e quando uscirono erano piuttosto seccati.
Vogliono che torniamo su a prenderne un'altro. Ma che palle! Ci hanno preso per degli schiavi? Questa volta prendiamone uno più magrolino, come te.Hai rotto il cazzo con questa storia. Sei tu che sei un colosso, non io ad essere magro.Oh, piantatela, idioti! Andiamo su e basta. Prima lo facciamo e prima posso andarmene a letto. Li lasciai lì e percorsi nuovamente il corridoio a ritroso.
Che caratterino la ragazzina...I due mi seguirono e, preso di nuovo l'ascensore, ci ritrovammo di nuovo al terzo piano, dove c'erano le stanze delle cavie. Erano molte e in ogni stanza vi erano diverse gabbie. Non so se ci fossero degli addetti al loro nutrimento, ma non furono saltuarie le volte in cui abbiamo trovato cavie già morte nelle gabbie. Cavie, oddio, sarà l'abitudine, ma certe volte non mi rendo conto di chiamare con questo termine orribile quelle povere persone.
Prendiamone uno dalla stanza di prima che è la più vicina. Dissi mentre percorrevo quel breve tragitto e mi fermai davanti alla porta. Questa volta fui io ad aprirla.
Non ti preoccupare, non mi dispiace scrivere in prima persona. Buon divertimento anche a te.